La realtà non è la Sostanza in sé (1). La Sostanza universale esiste a prescindere dall’Uomo e agli Uomini è immanente e trascendente al contempo. Essa, dunque, rimane ad essi inconoscibile nella sua totalità e solo da essi “intuibile”, nella stessa misura in cui gli esseri umani, pur essendo solo una parte infinitesimale della Sostanza, e proprio in quanto tali, ne sono immagine e ne riproducono somiglianza.
La realtà, quindi, è “solo” un momentum, una forma puntuale dell’Essere, così come recepita e rielaborata dalle strutture biologiche e dalle sovrastrutture empiriche che definiscono morfologicamente (a priori: strutture celebrale, sensoriale, etc.) e psicologicamente (in fieri: personalità, cultura, etc.) gli esseri umani, in ciò che li accumuna e distingue dagli altri viventi di questo pianeta.
Non esiste, di conseguenza, una realtà umana al di fuori dell’Idea che gli uomini si “autoproducono” della stessa. Infiniti universi dinamici insistono sullo stesso punto statico e l’Uomo percepisce ciò che può e vuole percepire perché predisposto e preordinato strutturalmente e sovrastrutturalmente a farlo, nel processo di autodefinizione di quella singola dimensione del multiverso della Sostanza che, come esito, risulta essere la realtà umana.
È la mente umana che crea la “sua” realtà, individuale e collettiva, dando forma temporale e univoca alla Sostanza eterna e senza forma, dove Tutto e Nulla coincidono. Sono quindi le forme collettive e soggettive della percezione, nel loro continuo e reciproco “irritarsi”, a disegnare il nostro mondo, che per questo è in continuo mutamento e ridefinizione pur restando uguale a se stesso in valore assoluto, nell’eterno ritorno dei suoi Elementi costitutivi. La verità (2) è percezione e la realtà (3) è un’Idea. L’etimologia stessa, nelle sue più remote e primigenie ascendenze, raramente mente. La realtà è solo il riflesso della strutture intrinseche della psiche umana, sempre smarrita e pavida nel ricercare risposte al di fuori di sé.
Tutto nella vita dell’Uomo è, quindi, un’illusione perché tutto, fisico o meno, è solo nella sua “testa”. Sono le illusioni dell’Uomo che “dipingono” quella realtà di cui la mente stessa degli esseri umani è il quadro. Ed è proprio tramite il controllo delle “illusioni” soggettive e collettive che si domina il mondo: costruendo, tratteggiando e manipolando questo “sogno” di massa a propria convenienza e secondo la propria narrazione in ciò che è stato, ciò che è e ciò che sarà. È questo il “segreto” che le élites del Potere non fanno alcuno sforzo a celare ormai da secoli. Sono, infatti, più che sufficienti lo scetticismo ed il disinteresse dei più a tenerlo sempre al sicuro e al riparo. E non meno efficace, a tale scopo, è poi l’ormai abituale marchiatura “complottista” di ogni pensiero critico, in chiave chiaramente delegittimante, volta a sminuire la consapevolezza dei rapporti di forza in atto al livello dei più improbabili deliri.
Ma come può, dunque l’Uomo aprire gli occhi, comprendere e dunque cambiare la realtà che lo circonda se, alla fine, l’Uomo stesso è tutto ciò che c’è da capire? Ancora una volta è l’etimo a suggerire come una qualsiasi cosa possa essere “contenuta” e, quindi, “compresa” solo da ciò che ad essa si dimostri ultroneo e superiore. Richiamando proprio la lontana somiglianza “genetica” che ci accomuna a quello stesso Infinito che la nostra mente e, di conseguenza, la nostra realtà nella sua interezza ha creato, l’Uomo può infatti smetterla di pensare “solo” come un essere umano “solo”, vincolato alla propria univoca prospettiva.
Linearità ed univocità sono vestigia fallaci e mistificabili di quell’effimero ripiegamento soggettivo sull’autodeterminazione individuale che già una volta ci costò il Paradiso, rendendoci schiavi della parzialità ed autoreferenzialità delle nostre percezioni. Piani, punti e rette “esistono” di per sé solo sui libri di scuola e rappresentano una modalità di ricezione della realtà tanto semplicistica e consuetudinaria quanto ingannevole ed inadeguata a concepire l’immanenza polimorfa del mondo in cui viviamo.
Il mondo che ci “contiene” è, infatti, una SFERA ed ogni logica costitutiva di esso non potrà di conseguenza che essere circolare, palindroma, multipolare e parimenti concentrica. Solo da prospettive parziali e/o deviate tutto ciò potrà risultare differente. Ed è qui che la circolarità subentra alla linearità, i palindromi della teleologia sostituiscono l’ingenua univocità meccanicistica ed una nuova consapevolezza dell’eterogenesi multifattoriale e, di conseguenza, dell’intrinseca predeterminazione del reale salva l’Uomo dal peso di se stesso e del senso della propria “insufficienza”. Lo stesso “p greco”, d’altronde, è un valore “dato”, astratto e trascendente e al contempo costante ed ineludibile, voluto da qualcuno più in “alto” degli esseri umani.
Ad un infantile e generico PERCHE’? subentrano allora domande di diversa e più matura prospettiva, a cui è sempre più difficile rispondere con la “menzogna”, ossia proponendo realtà “personali”, ad esclusivo vantaggio dei pochi padroni del discorso. E’ quindi tempo di chiedersi A CHI CONVENGA, in ultima istanza, che qualcosa sia avvenuta o avvenga ed IN QUALI DETERMINATI TERMINI, più che delineare una semplice sequela degli avvenimenti conosciuti o conoscibili, per di più distorti dal bias dell’osservazione.
A chi conviene la delegittimazione degli Stati? In che termini si sta realizzando la rimozione dei confini? A chi giova creare un nemico sufficientemente lontano ma allo stesso tempo “vicino”, nonché “attivabile” a comando? In che modo gli si consente di entrare nella nostra quotidianità? Chi trae vantaggio dalla destabilizzazione e polarizzazione della società? Chi sfrutta la liquefazione delle identità a proprio vantaggio? Chi specula al ribasso sulla povertà e sul bisogno che egli stesso ha preservato, diffuso o creato? Chi consente il traffico di esseri umani e armi, o la propaganda terroristica su internet, nell’era della totale mappatura digitale delle persone in cui niente e nessuno sfugge allo sguardo del Grande Fratello, a meno che non sia lui stesso a volerlo? A chi conviene, alla fine, che tutto cambi perché nulla cambi?
Dal passato riemergono gli interrogativi del futuro. In fondo, per cambiare qualcosa, è imprescindibile prima accettare e conoscere nel profondo ciò che si vuole cambiare, nonché essere pienamente consapevoli delle ragioni per cui si intende farlo, altrimenti non si fa altro che perpetuare ciò che, ingenuamente o meno, si pretende di mutare, semplicemente reiterando tutti i presupposti costitutivi dello status quo, seppur magari con vesti o interpreti differenti. CUI PRODEST? e QUOMODO? Sono le nuove domande che, sublimando causa e fine in un unicum, possono ridisegnare il mondo.
© Matteo Fulgenzi
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(1) Fulgenzi M., Il segreto delle élites, da https://www.intell-attuale.it, 30 giugno 2018
(2) dall’indoeuropeo varami = “scegliere/volere”. Cfr. https://www.etimo.it/?term=vero
(3) dall’indoeuropeo rah = “ricchezza”. L’immagine archetipica della lettera R (resh) è la “testa”, cioè la sede da cui, nell’Uomo, si irradia l’Illuminazione. Cfr. http://www.treccani.it/vocabolario/res & http://kabbalahpratica.blogspot.com/2010/12/meditazioni-sulle-lettere-ebraiche.html