Se si considera l’Amore come una “negazione” (alfa privativo + rad. “mos, moris” = contrario a una Volontà/situazione preesistente. Si pensi alla gravità come “distorsione” dello spazio/tempo dovuta a una massa*) si comprende come l’opera ordinatrice dell’Intelletto, nel trarre Forma dall’Informe, non fosse che il necessario complemento del Caos nella definizione del Nulla come Forma del Tutto e, a sua volta, del Tutto come Sostanza del Nulla (e viceversa).
Il vero problema, probabilmente, è sorto quanto l’Uomo ha naturalmente pensato di poter fare lo stesso all’interno del Mondo della Forma, spinto dal suo essere Immagine (parziale, tanto più scissa in femmina e maschio) dell’Intelletto ordinatore. Visto che “ciò che è in Cielo avviene anche in Terra”, l’Uomo non poteva pertanto che cadere e la sua “ribellione” non poteva che trarre un inferno dal Giardino del Creato. Se anche Dio, che può ogni cosa, ha potuto e voluto “sbagliare” poiché necessario a imprimere allo Spirito umano gli stessi processi involutivi/evolutivi imposti ai diversi livelli del Creato… immaginatevi cosa accadrà quando libereremo una versione artificiale (e dunque ancora più parziale e imperfetta) di noi, alla quale avremo insegnato ad “amare” e dunque a “negare” e “distorcere” (ossia a Conoscere), polarizzando su se stessa la percezione del Mondo esterno senza neppure il filtro e il freno di quella ridondanza tra emisferi cerebrali uguali e opposti che chiamiamo “coscienza” ma guidata solo dalla basica freddezza di un algoritmo che non teme di morire e, non conoscendo la Sofferenza, non può in alcun modo ricredersi e/o evolvere.
mi si mostrava la milizia santa
che nel suo sangue Cristo fece sposa;
ma l’altra, che volando vede e canta
la gloria di colui che la ‘nnamora
e la bontà che la fece cotanta,
sì come schiera d’ape, che s’infiora
una fiata e una si ritorna
là dove suo laboro s’insapora.
l’amor che move il sole e l’altre stelle.
*Propendo, infatti, per un etimo di amor-amoris legato a mos-moris, dato che il radicale di mors-mortis (solitamente invocato per via di un suggestivo rimando all’Amore come “negazione della Morte”, quando la Morte è invece pienamente parte – se non cardine – dell’amorevole progetto divino) è completamente diverso. Del resto, non vi sarebbe altrimenti affinità con la radice -lb/v germanica con cui il latino condivide tanto i propri natali quanto la semantica dell’amore come “impulso”, “attrazione” e soprattutto “legame” che, appunto, traducono l’elemento FUOCO.
Matteo Fulgenzi, Ph.D.