L’abiura del Reale, il delirio soggettivista, il surreale individualismo che pretende di costruire il mondo “tutto intorno al Sé”: Ananké (Ἀνάγκη), la Dea greca della Necessità generata insieme al Tempo (Chrònos), teme il ritorno di suo padre Il Chàos primordiale ed è oggi incatenata dal mostro del “secondo me è così” nell’antro oscuro dell’umana pretesa di “ridurre” razionalmente ad una linearità logica la sfericità palindroma, concentrica e multidimesionale dell’Essere.
Immersi in una virtualità senza più identità, fatta di verità relative, link, hashtag, storie, tweet, slogan, post, feed e, soprattutto, di tante solitudini autoreferenziali è ancora possibile recuperare l’oggettivo, superare il soggettivismo, riaffermare la Realtà per ciò che è?
In un mondo sempre più fluido e sfuggente nelle forme e nei contenuti, una possibile soluzione da opporre a tutto ciò che viene imposto e subìto come ineluttabile è “CATALIZZARE”.
Prefigurare una “accelerazione” estrema ma logicamente coerente dei problemi oggetto di studio, giungendo a quel livello “paradossale” della loro analisi che da solo consente di coglierne termini e natura, reali e concreti, può forse aiutare a spezzare le catene che confinano la Logica aldiquà del nostro naso.
D’altronde la capacità stessa di “drammatizzare”, ossia di concepire ed anticipare concettualmente le difficoltà, le necessità, le contraddizioni e le finitudini strutturali dell’essere umano, senza con ciò vertere (del tutto) in esse od essere (ancora) succubi della loro invadente immanenza, può assurgere a metro stesso della grandezza di un uomo o di una donna immersi nella contingenza del vivere presente.
Già alla fine del secolo scorso il compianto Paolo Villaggio, con le iperboli comiche del suo celeberrimo “Ragionier Fantozzi”, mostrò a tutti coloro che aspiravano alla mitizzata sicurezza del posto fisso le reali condizioni di sudditanza psicologica, se non fisica, del ceto medio impiegatizio, contribuendo di fatto ad sospingere i mutamenti in senso “neoliberale” delle istanze e delle propensioni della base sociale attiva nel mondo del lavoro che, tra l’altro, in quegli anni godeva ancora di una diffusa crescita economica e di adeguate tutele giuridiche e sociali.
Mutatis mutandis, l’arte e le sue espressioni editoriali, musicali e cinematografiche posso ancora rivelarsi un valido strumento per la promozione di un’adeguata consapevolezza intellettuale e politica nei confronti degli epocali cambiamenti sociali ed economici del tempo presente, al giorno d’oggi unanimemente dissimulati e strumentalizzati, quando non solo censurati ed occultati, dalle élites e dal potere mediatico.
Si mostri, quindi, alla “Erasmus generation” il futuro delle presenti giovani generazioni in “questo” mondo del lavoro senza regole, senza confini e senza Stato, anche con ampio ricorso ai format mediatici digitali tanto cari ai cosidetti millennials.
Si utilizzi l’arte per “anticipare” alla cittadinanza, soprattutto femminile, le conseguenze culturali, demografiche ed economiche della terzo-mondizzazione (se non dell’islamizzazione) della società civile come conseguenza dei flussi migratori smodati ed artatamente organizzati e fomentati dal potere economico dominante.
Si ponga in evidenza quali mostruosità possano scaturire dal sistematico svilimento e dalla programmatica decostruzione psico-fisica del maschio europeo, non solo nella persona di ipotetici estranei facilmente demonizzabili, ma nella vita di quei bambini che sono nostri figli e un domani vorrebbero diventare uomini.
Si esponga alle ipocrite sinistre ”da salotto borghese” quale sarebbe il destino dei diritti e della civile convivenza una volta che avessero malauguratamente perseguito il loro struggente anelito di distruggere lo Stato e tutti i suoi elementi costitutivi sociali, giuridici e culturali.
Forse non a caso fu scritto che la bellezza, che è arte e verità, salverà il mondo…da se stesso.
© Matteo Fulgenzi