Se si considera l’Amore come una “negazione” (alfa privativo + rad. “mos, moris” = contrario a una Volontà/situazione preesistente. Si pensi alla gravità come “distorsione” dello spazio/tempo dovuta a una massa*) si comprende come l’opera ordinatrice dell’Intelletto, nel trarre Forma dall’Informe, non fosse che il necessario complemento del Caos nella definizione del Nulla come Forma del Tutto e, a sua volta, del Tutto come Sostanza del Nulla (e viceversa).
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La realtà non è la Sostanza in sé (1). La Sostanza universale esiste a prescindere dall’Uomo e agli Uomini è immanente e trascendente al contempo. Essa, dunque, rimane ad essi inconoscibile nella sua totalità e solo da essi “intuibile”, nella stessa misura in cui gli esseri umani, pur essendo solo una parte infinitesimale della Sostanza, e proprio in quanto tali, ne sono immagine e ne riproducono somiglianza.
di Ivan Rizzi – IAASP Istituto di Alti Studi Strategici e Politici (Milano) http://www.iassp.org
La Verità e la Menzogna un giorno si incontrarono. La Menzogna disse alla Verità: «Oggi è una giornata meravigliosa!!» La Verità guardò verso il cielo e sospirò, perché la giornata era davvero bella. Trascorsero molto tempo insieme, arrivando infine accanto a un pozzo. La Menzogna disse alla Verità: «L’acqua è molto bella, facciamo un bagno insieme!!» La Verità, ancora una volta sospettosa, mise alla prova l’acqua e scoprì che era davvero molto bella. A quel punto si spogliarono e iniziarono a fare il bagno. Improvvisamente, la Menzogna uscì dall’acqua, e indossando i vestiti della Verità fuggì via. La Verità furiosa, uscì dal pozzo e rincorse la Menzogna per riprendersi i vestiti. Ma il Mondo, vedendo la Verità nuda, distolse lo sguardo, con rabbia e disprezzo. La povera Verità ritornò al pozzo e scomparve per sempre, nascondendo la sua vergogna. Da allora, la Menzogna gira per il mondo, vestita come la Verità, soddisfacendo i bisogni della società … perché il Mondo, in ogni caso, non nutre alcun desiderio di incontrare la Verità nuda. Il dipinto: La Verità che esce dal pozzo, Jean-Léon Gérôme, 1896.
Un archetipo è un’immagine primigenia presente nella psiche di ogni essere umano sin dalla nascita, la quale è in grado di orientare e organizzare la percezione di sé, del mondo e delle relazioni con gli altri.
Ho avuto la ventura di leggere uno scritto di Michela Murgia ove si parlava di “matria” (sic!), deridendo la vecchia Patria e proclamando quest’ultima non solo moneta fuori corso, ma addirittura questione pericolosissima. Il testo mi pare interessante e non privo di spunti critici, perché nella sua pur sintetica struttura si cristallizzano alcuni dei tratti salienti dell’odierno spirito del tempo, contraddistinto dall’ubiquitaria demonizzazione della nazione e della Patria come concetti perigliosi e foriere di sciagure (dall’imperialismo, al nazionalismo, etc.).
Ma il nemico peggiore che tu possa incontrare sarai sempre tu stesso; tu ti attendi in agguato nelle caverne e nei boschi.
La realtà non è la Sostanza in sè. La Sostanza universale esiste a prescindere dall’Uomo e agli uomini è immanente e trascendente al contempo, rimanendo ad essi inconoscibile e solo intuibile nella stessa misura in cui gli esseri umani, pur essendone solo una parte infinitesimale, ne sono immagine e ne riproducono somiglianza. La realtà è “solo” una forma soggettiva e puntuale dell’Essere, così come recepita e rielaborata dalle strutture biologiche e dalle sovrastrutture empiriche che definiscono l’Uomo.
Una vera comunità può nascere solo dall’interazione costruttiva di individualità psicologicamente stabili, coscienti e presenti a se stesse.
“Si può allora ben dire che i sensi non sbaglino mai, ma non perché essi giudichino sempre in maniera corretta, bensì perché essi non esprimono mai giudizi.” (I. Kant, Critica della ragion pura)